Mauna è una parola sanscrita che significa più sinteticamente “silenzio”. Ci sono molte sfumature inerenti al suo significato e può essere praticato con vari gradi di intensità.
La sua esecuzione è raccomandata sia nei classici testi yogici che in molte tradizioni contemplative contemporanee. La pratica del Mauna assume spesso la forma di periodi di linguaggio controllato. Tale silenzio prolungato è considerato essenziale nella tradizione indiana, poiché la comprensione di ciò che è al di là delle parole può venire solo dall’esperienza diretta.
Secondo la Bhagavad Gita, Mauna consiste nell’addestrare le nostre menti, non solo le nostre bocche, a tacere. È profondamente trasformativo perché ci aiuta a calmare i nostri pensieri e, cosa più importante, a riconoscere lo sfondo della quiete che è la nostra vera natura: è lo stato pacifico, immobile e silenzioso del Sé, al di là di tutti i costrutti di “rumore”.
C’è un silenzio reverenziale che può essere sentito da tutti nei momenti di sacralità, momenti in cui l’ego è dimenticato. Praticare Mauna (nobile silenzio) è un modo per aprirci a questa sacralità.
Mauna è anche un’importante forma di tapas (austerità cosciente).
Swami Sivananda ha raccomandato di praticare mauna per uno o due anni, il che può sembrare molto lontano dal nostro attuale modo di pensare e dal normale grado di coinvolgimento nella società. Tuttavia, allenarsi a non parlare per un giorno (o almeno mezza giornata) alla settimana è un modo potente per purificare la mente e sviluppare una maggiore consapevolezza della parola.
Mauna è una pratica sacra di limitare il proprio discorso; di essere intenzionalmente silenziosi, una disciplina attraverso la quale possono sorgere esperienze spirituali, tipicamente caratterizzate dalla quiete della mente e da una maggiore ricettività verso il suono. Successivamente, come l’acqua ferma di un lago che riflette le cose così come sono, l’effetto calmante del silenzio ci aiuta a vedere le cose più chiaramente, e quindi, ad essere in connessione più profonda con noi stessi e con chi ci circonda.
Se scegliamo di praticare Mauna, potremmo iniziare semplicemente non parlando. Dopo qualche tempo, la pratica può evolvere nell’astinenza dalla lettura, dalla scrittura e dal contatto visivo con gli altri; alla fine portando a una pratica di attività minima, ma consapevole. Durante questo processo, di solito emergono alcuni schemi. Per prima cosa potresti notare la tua tendenza ad afferrare le distrazioni, come il tuo desiderio di controllare il telefono, prendere un libro o persino soffocare il “silenzio” con la musica. Prima di agire in base a questi impulsi, riesci a notare questi impulsi?
La ragione per cui questi desideri sono amplificati durante Mauna è perché la nostra Citta Vṛtti (attività mentale vorticosa) si rende improvvisamente conosciuto. Si stima che abbiamo decine di migliaia di pensieri al giorno, ma è solo quando non siamo distratti che abbiamo la consapevolezza della loro presenza. Quando prendiamo posto come testimoni (Sākṣī), stiamo osservando piuttosto che reagire. Questo vale per essere testimoni di una conversazione, senza sentire il bisogno di commentare. Dare semplicemente agli altri lo spazio per parlare può essere incredibilmente istruttiva.
Forse potremmo reinterpretare il silenzio come presenza, come un’opportunità per sedersi con un altro, con noi stessi o con la natura, e ascoltare ciò che ha da dire.
Nell’interazione umana, la maggior parte della comunicazione non avviene esclusivamente attraverso le parole. Si ritiene infatti che, nella maggior parte dei contesti, le parole rappresentino solo una piccola percentuale della nostra comunicazione, mentre il linguaggio del corpo e il tono della voce ne contino molto di più. Tacere non è l’atto di diventare uno spettatore passivo, ma piuttosto il processo attraverso il quale osserviamo la realtà e scegliamo consapevolmente come rispondere al mondo che vediamo.
La pratica dello Yoga ci prepara ad entrare in questo spazio di silenzio attraverso asana (posture yoga) mantenendo il corpo in forma e sano senza dolori e dolori su cui la mente possa concentrarsi, attraverso il pranayama bilanciando il flusso di energia attraverso il corpo, alla fine creando una quiete nel corpo e nella mente, portandoci allo stadio di Pratyahara (ritiro dei sensi). È qui che Mauna inizia a fare la sua magia: Mouna ci offre l’opportunità di guardare
Semplicemente; osservare l’attività della mente senza lasciarsi coinvolgere dalle sue chiacchere. Quando osserviamo semplicemente i nostri pensieri e il modo in cui attivano le nostre emozioni e guidano il nostro comportamento senza essere coinvolti, alla fine la mente dell’ego si calma un po’ e nasce qualcos’altro di molto prezioso.
Possiamo trovare il rapporto aureo delle parole dette e delle parole trattenute, e che questo aiuti a condurci tutti a un’esperienza di pace, sia dentro che fuori.
Possiamo noi conoscere la verità e farla brillare nel cuore.
Che tu possiamo immergerci in profondità in noi stessi e connetterci nel silenzio dove tutti ci incontriamo.
Sentite il silenzio.
~ Swami Vishnudevananda ~
Ascoltate il silenzio.
Toccate e assaporate il silenzio.
Il silenzio é la musica della vostra anima.