In varie tradizioni contemplative orientali, come nello Yoga integrale di Swami Sivananda, è centrale coltivare la compassione.
In sanscrito, la parola compassione viene tradotta con il termine “Karuna”.
Karuna significa compassione attiva e si riferisce a quelle azioni che contribuiscono a diminuire la sofferenza altrui.
Per questo si parla di “compassione attiva”: uno stato che implica una compartecipazione a ciò che l’altro sta vivendo. Questa forma di compassione non ha confini, né pregiudizi e si estende quindi a tutti gli esseri viventi. Si prova compassione quando vediamo altri esseri (sia umani, sia animali, o altre creature come le piante) soffrire e si cerca di aiutarli, in base alle proprie capacità e ai propri mezzi.
L’azione dell’aiuto nasce poiché si è “toccati” da ciò che sta attraversando un altro essere. La compassione ha il potere di guarire la sofferenza degli altri per mezzo del nostro amore. È una compassione attiva, in quanto si agisce per cercare di dare il proprio contributo affinché vengano meno le cause che provocano la sofferenza dell’altro. Per nutrire questo tipo di compassione occorre essere consapevoli dell’interdipendenza di tutti i fenomeni e di tutti gli esseri. Sviluppare questa forma di compassione non significa aggiungere su di sé preoccupazioni o fardelli, bensì vuol dire relativizzare i propri problemi.
Il concetto di Karuna non si riferisce soltanto alla compassione verso gli altri, ma anche verso se stessi. Un eccesso di autocritica può minare la fiducia nelle proprie capacità.
Quando si commette uno sbaglio, piuttosto che giudicarsi in modo negativo occorre capire la causa o le cause dello sbaglio in modo da non commetterlo una seconda volta. La compassione verso sè stessi ci mostra la nostra vera natura di esseri umani: è un richiamo a ristabilire la bontà come valore umano, un richiamo ad accogliere con cuore aperto e sincero tutte le forme in cui si manifesta la vita, un richiamo ad allargare la visione nel vedere tutti gli esseri come sé stessi, è un richiamo alla consapevolezza che siamo tutti collegati, abbiamo tutti gli stessi bisogni, è un richiamo alla consapevolezza che siamo parte di un’unità ben più profonda di ciò che separa.
“La compassione non è qualcosa che una persona sente da un’altra, ma qualcosa che nasce quando qualcuno inizia a vedere tutti gli altri come se stessi.”
– Amma –
La compassione scorre liberamente nei nostri cuori.
Se proviamo a portarci nel centro del cuore, diventiamo, lentamente consapevoli, che ogni essere prova sentimenti e che ogni essere senziente, può sentire in sé anche il sentimento di un altro.
Se concediamo anche a ogni altro essere, e a ogni altra persona, ciò che desideriamo per noi stessi, nasce una nuova vita. Cambiando il nostro atteggiamento interiore, facciamo il primo passo, ma se vogliamo proseguire su questa via, dobbiamo cambiare anche il nostro modo di agire. Chi ne diventa consapevole, può improvvisamente vedere anche il vero essere di un’altra persona, diventa capace di percepire l’altro come persona che prova sentimenti. Nasce così, una profonda comprensione, una reale compassione e la consapevolezza secondo la quale, tutti abbiamo gli stessi bisogni.
L’altro è il centro a cui riferirsi per agire come se fosse un altro nostro te stesso, interessere è comune a tutte le forme di vita.
La compassione fa parte della nostra natura, dobbiamo solo avere il coraggio di praticarla, lasciando andare le paure, per portare alla luce, ciò che c’è già.
Anche Gesù disse: “Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi.”